Siamo in estate e la voglia di stare all’aperto aumenta, così come la voglia di un bel tuffo in acqua; purtroppo non è raro che il desiderato bagno in mare possa essere rovinato dal dolorosissimo contatto con i tentacoli di una medusa.
Le meduse nel Mar Mediterraneo
Nel Mediterraneo, fortunatamente, si osservano con maggiore frequenza meduse non urticanti o poco urticanti come, ad esempio, il Polmone di mare (Rhizostoma pulmo) più facilmente avvistabile nell’Adriatico e nello Ionio o la Cassiopea mediterranea (Cotylorhiza tuberculata).
In alcuni periodi dell’anno, specialmente a ridosso delle coste tirreniche italiane, è possibile imbattersi però anche nella medusa luminosa (Pelagia noctiluca), capace di punture molto dolorose.
Polmone di mare (Rhizostoma pulmo), la più grossa del Mediterraneo, fino a 60cm di diametro e 10 kg di peso.
Cassiopea mediterranea (Cotylorhiza tuberculata), può raggiungere anche i 30cm di diametro
Medusa luminosa (Pelagia noctiluca) fino a 10cm di diametro, con 8 tentacoli lunghi fino a 10 metri.
Tra le specie più temibili rientrano, invece, la Caravella portoghese (Physalia physalis) e la Vespa di mare (Chironex fleckeri, nota anche come cubomedusa).
Queste ultime due, si avvistano raramente nel Mediterraneo, anche se l’innalzamento della temperatura dei mari sta modificando gli ecosistemi marini.
Le meduse non pungono, ma hanno un sistema urticante, posto sui tentacoli retrattili, che utilizzano come difesa e per immobilizzare una preda che incrociano sul loro percorso.
Alcune precisazioni
Le meduse non ci “aggrediscono”, ma siamo noi che per disattenzione o per caso ci scontriamo con i loro tentacoli.
La medusa, infatti, ha un movimento volontario verticale, mentre in orizzontale si fa trasportare dalle correnti.
Prima di entrare in acqua valutiamo la situazione: indossiamo occhialini o maschera oppure osserviamo la vita sottacqua ad occhi aperti.
Le meduse molto urticanti spesso hanno i tentacoli molto lunghi, anche 10 o 20 metri; quindi, se si vede una medusa in lontananza e non la si sa riconoscere, meglio non immergersi.
Cosa succede quando tocchiamo una medusa
I tentacoli delle meduse contengono cnidocisti (o nematocisti), piccoli organi urticanti che racchiudono delle sostanze fortemente irritanti che producono una reazione cutanea, simile ad un’ustione chimica di primo o secondo grado.
Quando tocchiamo una medusa, le cnidocisti si appoggiano sulla nostra pelle e rilasciano il veleno, che può essere più o meno urticante per l’umano.
Le cnidocisti funzionano una volta sola (devono quindi essere periodicamente rigenerate).
Si attivano per contatto, andando così ad esporre dei filamenti urticanti in grado di indurre diversi effetti (variabili a seconda della specie) che possono comprendere l’effetto:
- paralizzante (sia sulla capacità di movimento, che sul sistema cardiorespiratorio)
- infiammatorio (tanto da poter indurre shock anafilattico nella preda).
Al momento della puntura la maggior parte delle persone non vede la medusa, ma avverte un dolore immediato seguito da bruciore intenso.
Entro pochi minuti le sostanze urticanti, liberate dalla medusa al contatto con la pelle, provocano una reazione infiammatoria acuta caratterizzata in genere da rossore, gonfiore ed eventuale sviluppo di vescicole.
Non è raro che si possa osservare con precisione la striscia di contatto con il tentacolo urticante sulla pelle, come nella foto qui sotto.
I fattori che determinano la gravità dei sintomi comprendono:
- il tipo di medusa
- l’estensione della lesione
- lo stato di salute dell’infortunato
Meno comuni, ma possibili, sono invece le reazioni ritardate nel tempo, dopo giorni o settimane.
Il dolore di una lesione causata dal contatto con una medusa può durare da diverse ore a molti giorni, anche 2 settimane.
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Cosa NON fare
- Sfregare con qualsiasi oggetto (favorirebbe una maggiore e più rapida diffusione delle tossine, con conseguente aggravamento dei sintomi)
- Lavare con acqua dolce (farebbe scoppiare le eventuali cnidocisti ancora integre)
- Grattarsi (vedi le due motivazioni precedenti)
- Applicare del ghiaccio (prolungherebbe la durata delle tossine)
- Esporsi al sole, anche per i giorni successivi (si tratta, a tutti gli effetti, di un’ustione)
Cosa fare in caso di contatto con una medusa
Eseguire esattamente la procedura come riportato e in ordine sequenziale
Se devi andare al mare a breve, il mio consiglio è di studiare questa sequenza, visualizzando i diversi passi da fare.
In caso di necessità, applica ciò che ti ricordi.
In alternativa, copia su una nota cartacea o nel telefono l’intera sequenza o scaricati il PDF con il Vademecum che ti abbiamo preparato.
Seguire la sequenza qui sotto è fondamentale per avere una guarigione il più rapida possibile e scongiurare eventuali complicazioni.
- Mantenere la calma, respirare lentamente e profondamente, portandosi in luogo sicuro ma senza far uscire la parte urticata dal mare.
- Appena possibile assumere Rescue Remedy – 4 gocce sotto la lingua o diluite in un bicchiere di acqua – e continuare ad assumerlo, soprattutto se si è emotivi. Questo serve per non innescare una reazione a catena che va ad attivare un’eventuale reazione del corpo molto grave.
- Tenere la parte urticata in acqua di mare per almeno 10 minuti senza mai esporla all’aria (è il modo migliore per disattivare le cnidocisti e dilavare le tossine). Se ci sono residui visibili di tentacoli, fare in modo di farli staccare, ma senza toccarli perché le cnidocisti possono essere ancora attive!
- Quando si esce dall’acqua non esporre la parte urticata al sole.
- Applicare sull’area, soprattutto se non è molto estesa, o scegliendo alcuni punti, un oggetto molto caldo per 10 minuti. Ad esempio una pietra o una ceramica posta sotto il sole.
- Fare questo passaggio con estrema cautela, con la consapevolezza che le tossine, essendo proteine, tendono a denaturarsi sopra i 50°C, ma che questa è già una temperatura alquanto elevata sulla pelle.
- Se non si è sicuri, passare al punto successivo.
- Se si è fortunati e ci si trova in spiagge con vegetazione spontanea, farsi aiutare da altre persone a cercare delle erbe tipo piantaggine, malva, portulaca, finocchio di mare, crassulacee – tipo il fico degli ottentotti – o altre piante grasse o curative. Se si hanno più erbe, meglio ancora: fare un mix.
In alternativa, usare foglie di piante orticole, tipo cavolo cappuccio, insalata, altre verdure verdi, ricche di clorofilla. - Le erbe vanno pestate velocemente ma accuratamente (usare un sasso grosso come base, e sassi più piccoli come pestello, o inventarsi altre soluzioni in base al contesto, se non si dispone di mortaio e pestello) e la pappetta ottenuta applicata per diversi minuti sull’area ustionata, finchè la si sente calda e poi sostituita.
- Continuare così per almeno 15-20 minuti. Le erbe contengono in grandi quantità sostanze antiinfiammatorie e curative come la clorofilla, mucillagini e acidi potenti che disattivano le tossine.
- Appena possibile, applicare oleolito di iperico, che aiuta a togliere il dolore e a disinfiammare (per la preparazione vedi questo articolo). È il miglior alleato della pelle in caso di scottature e di cicatrici, in quanto è dermorigenerante, lenitivo, emolliente, astringente, analgesico, antinfiammatorio.
- Prestare attenzione a non esporsi al sole.
- Continuare ad applicarlo almeno 2 volte al giorno, finchè non sono scomparsi i segni.
- Si può poi applicare del fervìda, meglio se mucillaginoso, o dell’aceto di mele, anche in associazione all’oleolito, per disinfiammare più rapidamente
Scarica il Vademecum per le ustioni da medusa
Avvertenze
Se si avvertono sintomi di reazione sistemica, cioè a tutto il corpo, e/o se l’area urticata copre buona parte del corpo, e/o se si è in prenda a una reazione emotiva forte (paura, ansia, ecc…), respirare profondamente, e cercare velocemente un Pronto Soccorso.
Soprattutto se si è un soggetto allergico.
E’ anche buona norma portare sempre con sé, ovunque si vada, una boccettina con contagocce di Rescue Remedy, una boccetta di oleolito di iperico, una boccetta di olio essenziale di lavanda.
Buone avventure nel magnifico mondo acquatico!
Elena
2 Responses
Molto interessante! Mi chiedevo però se gli oli da portarsi dietro stando sotto il sole a temperature alte non si deteriorano….Grazie.
Ciao Simonetta.
L’oleolito di iperico viene prodotto mettendo olio e fiori/foglie in un vasetto di vetro una trentina di giorni al sole.
Poi, una volta pronto, un oleolito non dovrebbe nè prendere troppa aria, né sole, né troppo caldo.
Ma basta tenerlo in borsetta o comunque riparato dai raggi diretti.
Se viene realizzato con un ottimo olio alimentare e biologico, e si usano contenitori di vetro scuro ben chiusi, l’oleolito non è così sensibile all’irrancidimento.
E anche qualora si deteriorasse l’olio, le proprietà estratte dal vegetale rimangono per almeno un anno e più.
Infine, da portarsi sempre dietro ti consiglio di usare un formato da poche decine di ml, con contagocce, e contenitore di vetro scuro.
Se lo acquisti, verifica quindi che sia in un contenitore idoneo.
Ti consiglio di iniziare ad autoprodurlo, se non lo hai mai fatto.